Un’iniezione di geni in caso di scompenso cardiaco, per aiutare il cuore a ritrovare la forza di pompare sangue e ossigeno a organi e tessuti. La speranza arriva dai risultati di uno studio americano pubblicato su ‘Jama Cardiology’, uno dei rari test clinici sulla terapia genica contro la sindrome del ‘cuore stanco’: nella società che invecchia una vera epidemia, l’unica patologia cardiovascolare che mantiene una incidenza in continua crescita, con oltre 28 milioni di malati nel mondo. Nonostante il miglioramento di farmaci e device, finora ospedalizzazioni e mortalità sono diminuite di poco.
Nel lavoro, condotto da un gruppo californiano, l’introduzione nelle cellule cardiache di un gene carente nei pazienti scompensati è riuscita a migliorare la funzionalità del ventricolo sinistro – la pompa del cuore – riducendo il tasso di ricoveri.
Il gene usato regola la produzione della proteina AC6, deficitaria o poco attiva nelle persone con scompenso cardiaco, e viene iniettato attraverso l’arteria coronaria ‘a bordo’ di una navicella virale ricavata da un adenovirus inattivato. Una volta entrato nelle cellule del muscolo cardiaco, il gene ripristina i livelli della proteina mancante e riduce i segni della malattia.
H. Kirk Hammond e colleghi, del Veternas Affairs San Diego Healthcare System, hanno suddiviso in 2 gruppi 56 pazienti con scompenso cardiaco sintomatico e funzione ventricolare sinistra ridotta del 40% o di più: un gruppo ha ricevuto da una a 5 dosi di adenovirus 5 ‘caricato’ con il gene dell’AC6, l’altro placebo. Entrambi i gruppi sono stati monitorati per un periodo di tempo variabile fino a un anno.
Gli autori hanno osservato nei pazienti trattati un effetto benefico significativo correlato alla dose di gene ricevuta, con una riduzione del picco pressorio nel ventricolo sinistro e un aumento della sua funzionalità nei malati di scompenso cardiaco non ischemico. La percentuale di ricoveri ospedalieri nel gruppo trattato è stata del 9,5%, contro il 29% del gruppo controllo. Il tasso di effetti collaterali seri è stato simile nei due gruppi.
“Il transfer del gene AC6 ha aumentato in sicurezza la funzione ventricolare sinistra, al di là di quanto avrebbe potuto fare una terapia ottimale in una singola somministrazione”, scrivono i ricercatori. Risultati promettenti, assicurano, che giustificano “l’avvio di trial clinici più ampi per valutare l’efficacia e la sicurezza dell’impiego del gene AC6 nei malati di scompenso cardiaco”.